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— Ci vorrà pazienza; — ripigliò la contessa; — bisognerà fare tutto quel chiasso, non potendo cavar profitto di tutte le cose che Lei potrebbe dire in proposito.

— Oh questa è nuova di zecca! — tuonò il signor Demetrio. — E perchè non potrebbe dire Virginio tutto quello che sa?

— Perchè egli teme di dir troppo; — rispose Fulvia; — perchè egli non vuol parere desideroso, non essendolo, di aggravare la condizione di nessuno. Dio guardi se si dicesse ch’egli soffiava nel fuoco! A questo siamo venuti! — soggiunse ella con amarezza, — Non lo hanno già accusato di essere.... —

E si trattenne, per senso di verecondia, ma più ancora di sdegno. Come ella bene aveva detto poc’anzi, odiava le brutte parole.

— Chi? — domandò il signor Demetrio, che aveva compiuta col pensiero la frase di Fulvia. — Chi lo ha accusato?

— Maddalena, non lo sai? Maddalena, che ne ha fatto la bella confidenza al conte Spilamberti. Ed oggi ancora, non mi son sentito dire dalla mia dolce madrina qualche cosa di simile?

— Oh, è infame! — gridò Virginio, turbato. — E si è potuto giungere a tanto?

— Si è potuto, come ho l’onore di dirle.

— Ed io dunque.... senza colpa, per il solo fatto della mia presenza.... sono stato cagione a Lei di una così grave ingiuria, di un così immeritato dolore?

— Ella dice bene per l’ingiuria, signor Lorini; quanto al dolore, non se ne dia pensiero, perchè non c’è stato. Vede come sono tranquilla e serena? Non si turbi Lei, ora, e lasci correre.

— È la tua frase, Virginio; — conchiuse il signor Demetrio. — Tu sei battuto con le tue armi. —

Virginio non raccolse la celia. Ben altro aveva egli pel capo.

— Ma ciò che non è, — diss’egli, seguendo il proprio pensiero, — non deve neanche esser creduto. Me ne sono andato una volta, e sa