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sta anche qui, dov’ero offesa nell’istessa casa di mio padre, diventata l’ultimo asilo per lui? Dovevo adattarmi alla sua tresca con Maddalena? aver l’aria di spartire tranquillamente gli affetti del suo gran cuore con una volgarissima civettuola di villaggio, tenuta per carità al nostro servizio? Gli ho fatto una osservazione, molto misurata, quantunque tante lagnanze dei tuoi impiegati giustificassero un più aperto linguaggio. Come mi ha egli risposto? come si è difeso? Come si è scusato? insultandomi, offendendomi, gittando su me una manata di fango, che aveva raccolto nel trivio, l’infame! E dovevo io accettare questa ignominia, da lui? Non avrei mostrato, accettandola, di meritare l’offesa di Maddalena?
— Hai ragione; — disse il signor Demetrio. — Hai fatto bene tutto quello che hai fatto. Non si tollerano certe cosacce, che diamine! Ma ora, vediamo, figliuola mia.... Perchè noi qui non potremo rimediare a nulla, sfogandoci a parlar su quello che è stato.... Che pesci si pigliano, ora?
— Ci separeremo; — rispose Fulvia; — non vedo altra soluzione possibile.
— Separarvi.... è presto detto. E lo scandalo?
— Lo scandalo! Ce n’è già stato tanto! E più ne farà Maddalena. Anche lui, lo sentirai, col suo orgoglio ferito! Ma io parlerò più alto di lui. Voglio la mia pace; la conquisterò ad ogni costo. Riconosca le sue colpe, e se ne vada.
— Via, via! — rispose il signor Demetrio con accento benigno. — Non montiamo ora sul cavallo d’Orlando. Tu sai, figliuola, se io sono amico del tuo grazioso maritino. Lo vedo volentieri come il fumo negli occhi. Mi ha mangiato duecentomila lire, divorandole in un boccone, mi ha indebitato di altre sessantamila col mio segretario; mi ha fatto andar via quel poveraccio, privandomi del mio braccio, anzi, del mio occhio destro; ha cagionato tanti dispiaceri a te, cara figliuola.... Vorrei che andasse al diavolo, vedi, e butterei volentieri altre sessantamila lire per fargli fare un monumento degno di lui, della sua contèa, dei suoi antenati e dei suoi posteri.... che