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po, con le palpebre un po’ rosse, ma anche col volto più colorito per una rinfrescata frettolosa ed abbondante, e col sorriso sulle labbra. I due cari piccini ebbero quel giorno più baci che non n’avessero ricevuti mai da quelle labbra materne. Presentivano forse quelle labbra di dover essere quind’innanzi sole a scaldare, ad involgere del loro affetto quelle tenere vite?

Lamberto e Guido presero con grazia tutte le carezze della mamma; poi vollero la giunta dei biscottini. Si sa, l'infanzia non si contenta dei baci. Il signor Demetrio diede i biscottini e condusse anche i due piccoli nipoti a prendere un supplemento di chicche. L’idilio domestico succedeva al dramma, o, per dire più esattamente, vi faceva intermezzo.

Difatti, a mala pena i bambini si furono contentati delle lor piccole voglie, il vecchio ritornò da sua figlia, per appagare la sua grande curiosità. E finalmente, rimasta sola da capo con lui, Fulvia versò nel seno paterno la piena delle sue amarezze. Aveva tanto sofferto! e tanto più sofferto, quanto più si era sforzata di tacere! I suoi dolori erano cominciati ben presto, poco dopo la nascita del suo Lamberto. Che struggimenti di cuore laggiù, a Roma! che triste risveglio dal suo sogno di felicità!

— Eh, lo avevo ben saputo ancor io! — diceva il signor Demetrio, commentando le confidenze della figliuola. — Sai dove ne avevo sentito parlare? In piazza Colonna, mentre passavi in carrozza sul Corso, e poco dietro al tuo equipaggio veniva l'altro, assai più vistoso, a dirittura trionfale, della graziosa puppattola dai ricciolini di stoppa. Il ripesco di tuo marito era la favola di Roma. E tu sapevi tutto, fin d’allora, e non hai detto niente?

— Che cosa avrei potuto dire? E a che mi sarebbe servito il dire? Da principio, egli avrebbe negato, ed io sarei rimasta con la vergogna dei miei vani sospetti, delle mie sciocche gelosie. Poi, quando non ebbi più dubbi, quando ebbi in mano tali prove della sua colpa ch’egli non