Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 248 — |
resse; ma di qui gridava troppo, trovando ogni cosa fatta male, e di là tutto andava benissimo, più che non sogliano andare comunemente le cose di questo povero mondo. E si paragonò un trattamento coll’altro, si fecero induzioni, giudizii temerarii, mormorazioni, a cui diede appiglio qualche imprudente discorso. C’era chi faceva troppo lusso, in Mercurano; spesucce, veramente, cose di poco conto, ma che pure non andavano bene; perchè lasciavano trasparire una condizione troppo più agiata dell’ordinario. Si era voluto sapere il come, e si era sentito parlare di gratificazioni date per lodevoli servigi. Ma che voleva dir ciò? Dov’erano i servigi più lodevoli, da meritare gratificazioni straordinarie? Non si trattava invece di parzialità bell’e buone? d’ingiustizie, di preferenze al bel sesso, alla gioventù, alla bellezza compiacente?
Sicuro, anche la bellezza compiacente era venuta in ballo. E si commentavano certe fermate più lunghe del signor conte da una parte del Bottegone, che non dall’altra, o nel mezzo; si notava che la bella Pasquati, non solo era molto orgogliosa della propria bellezza, ma ancora prendeva a trattare i suoi compagni di lavoro con una cert’aria di superiorità niente piacevole, e si mostrava inoltre più superbiosa cogli avventori che non fosse conveniente agli interessi del principale. Che sfacciata! e non aveva vergogna di fare quel che faceva? Ma che cosa faceva? Eh, questo lo sapeva lei, e nessuno voleva pigliarsi la briga di saperne più addentro. Certo, se il conte spendeva tanto tempo in cartoleria, non era per numerar risme di carta, mazzi di matite e boccettine d’inchiostro. E tanto tempo, alla fine, non ci avrebbe egli speso, se la signorina Maddalena, la bella delle gratificazioni, non gli avesse fatto buon viso, mostrando di compiacersi di tutta quella parzialità sconveniente per lei.
E tanto si disse, tanto si mormorò, che l’eco ne giunse al signor Demetrio. Ma egli non volle prendere nessun provvedimento. Erano ciarle, pettegolezzi, calunnie; tutta roba di cui egli si la-