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una bugia. Ma al signor Demetrio quel silenzio spiaceva; e più gli spiaceva l'assenza del suo segretario. Non lo voleva dire, ma sentiva la mancanza di lui; sentiva il cambiamento intervenuto nelle proprie abitudini, sentiva la noia del doversi occupare di tante cose che non sapeva più fare; e sentendo tutto quel carico di noie, gli avvenne di farci una piccola malattia, durante la quale fu necessario affidare al suo genero le chiavi e la cura della cassa. Il conte Attilio accettò di buon grado l'incarico: la cosa doveva piacergli tanto più, in quanto che egli riusciva a mostrarsi sempre più utile. Per altro, appena il signor Demetrio si fu rimesco della sua indisposizione, egli fu pronto a restituirgli le chiavi. Ma il suocero non le volle più indietro.
— No, no, che serve? Continua tu ad occuparti anche della cassa; — gli disse il vecchio. — Tanto per non farci la ruggine, darò un’occhiata in fin di settimana ancor io; ma in verità non me la sento più di avere questo carico quotidiano sulle spalle. Vedo bene che son cose da giovani. —
E anche durò poco a dare l’occhiata settimanale. Non sapeva come ciò avvenisse; ma in quelle ispezioni la sua vista non era appagata. Sicuramente, prima d’allora si vedevano meglio disposte le carte, allineati meglio i rotoli delle monete. Il conte Attilio non aveva il genio dell’ordine; o forse non lo aveva che in testa, dove è certamente più necessario. Nel complesso, le cose andavano. La contabilità, dopo tutto, non è una scienza difficile come il calcolo infinitesimale, e un’oncia d’intelligenza e due di buon senso suppliscono a molti difetti, nella astrusa dottrina del perfetto finanziere.
Il male non era dunque da questa parte. Il male era piuttosto da un’altra, e non indugiò molto ad apparire. Si cominciò ad osservare che il nuovo segretario del Bottegone non era il più equanime, il più imparziale degli uomini. Egli non solamente trascurava qualche bottega e di qualche altra si occupava con soverchio inte-