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consuetudine senza prenderla sul serio, e mostrando negli atti svogliati, nel batter le labbra, nel ciondolar della testa, di non vedere nessuna utilità in quella cerimoniosa anticaglia.
E molte e molte altre cose parevano dar noia al signor conte, naufragato nell’industria; poco, infatti, si dava pensiero dei lardi e de’ formaggi, niente dell’appalto e della drogheria, dove era sempre offeso il suo delicatissimo olfatto e frequente la voglia di starnutire. Quanto alle pannine, ci si fermava qualche volta, ma per criticare la troppa importanza attribuita ai bordati e ai fustagni. Meglio, per affinità elettiva, si ritrovava tra le orerie; e meglio ancora nella cartoleria, dove gli occhi erano rallegrati da più gentili colori e dove la carta velina tramandava più soavi fragranze alle nobilissime nari. Della qual preferenza certamente doveva essergli grata, la formosa Maddalena. Dopo tutto, e forse perchè non poteva star sempre in cartoleria, il signor conte usciva ogni giorno a fare la sua calessata, un po’ di qua, un po’ di là nei dintorni, per iscoprir paese e sgranchirsi le membra. Pretesto e scusa a parecchie di quelle trottate erano i poderi della Castigliona; e così, sotto il copertoio della cura dei beni, passava la manìa girellona del conte Spilamberti, grande auriga nel cospetto di Dio, ma costretto per sua disgrazia a contentarsi d’un calessino, padronale sì, ma pur sempre di campagna.
Di Virginio, frattanto, nessuna notizia. Ma perchè ne avrebbe mandate, l’assente? Nel congedarsi, lo aveva pur detto al signor Demetrio: «Se vi bisogneranno schiarimenti, un biglietto a Bercignasco, e mi avrete sempre ai vostri ordini». Il signor Demetrio non aveva avuto bisogno di schiarimenti, e non aveva scritto il biglietto; Virginio Lorini, dal canto suo, non dava segno di vita. Perchè avrebbe egli scritto? per mostrar dolore di non ritrovarsi al Bottegone? per raccontare che si trovava bene fuori del Bottegone? L’una cosa e l’altra erano da evitare; la prima come una viltà, la seconda come