Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 240 — |
la, e deve bastare. Del resto, sapete bene come sono andate le cose, e con che animo io.... —
Non voleva dire di più, essendo presente quell’altro. Perciò, non curandosi di finire il pensiero, ripigliò:
— Lasciamo questo discorso. Se vorrete dare ad ogni costo, vi obbedirò, accettando; se vorrete farmi grazia, non parlerete più di questa inezia. Sì, dico, inezia; e mi permetterete di fare in due pezzi un foglio che non è fatto per me. —
E senza aspettar licenza del vecchio, lacerò lo scritto, gettando nel cestino i due pezzi.
— Sei generoso; — brontolò il signor Demetrio. Ma a buon patto, bada, a buon patto! e mi obbligherai a far più presto il mio dovere con te, per paura che il tempo venga a mancarmi. Parliamo d’altro; — soggiunse, non volendo ascoltare ciò che stava per rispondergli il suo segretario. — Mi lasci, dunque? te ne vai?
— Sì, se permettete, me ne vado; — disse Virginio. — Sapete pure che ho tante cose da fare a Bercignasco.
— Oh sì, grandi cose; grandi cose in verità; — ribattè il signor Demetrio, stizzito. — Imbottar nebbia, far la fodera alle bocce, gli occhi alle pulci e il manico alle panicce; conosco, conosco tutte queste importantissime occupazioni, ed altre ancora di pari utilità. Divertiti, e stammi sano. —
Quello era lì per lì un commiato, e non domandava altre parole per giunta. Ma avendo da far le valigie, Virginio Lorini non potè esimersi dall’obbligo di accettare una tarda cortesia del suo vecchio principale, che gli diceva di restare a pranzo. Fu un triste pranzo, e sarebbe stato meglio per tutti che Virginio non fosse rimasto. Erano tutti impacciati, a tavola; un’aria grave di musoneria incombeva sulla mensa; nè bastavano Lamberto e Guido, i due innocenti, ignari di tutto, a riempire coi loro strilli una conversazione così vuota.
Fulvia non aveva aperto bocca, se non per rispondere con monosillabi a qualche domanda di