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rebbe. Ma per questo, ci sono io, che lo parlo come una gatta spagnuola; e per il viaggiatore, quando càpita coi suoi campioni, ce n’è ancora d’avanzo. A scriverlo, qui ti voglio, è il gran punto. Ma il vostro signor nipote fa progressi, e riesce già a tenermi um pochino di corrispondenza. —
Il signor Demetrio diceva il vero, ma non tutto il vero, come sarebbe necessario anche fuori della corte d’assise. La corrispondenza della casa Bertòla, il giovane Lorini, a sedici anni, la teneva già lui tutta quanta. Ed era una corrispondenza varia, abbondante, farraginosa poichè il Bottegone lavorava in tutti i generi che via via saltassero in mente al signor Demetrio, o che la sbirciata quotidiana alle vetrine del prossimo suo, ai giornali, agli avvisi, ai prospetti, gli facesse parer convenienti al suo multiforme negozio.
Da qualche tempo, per esempio, la sala della cartoleria s’era arricchita di nuovi elementi. I libri non erano più solamente sillabarii, grammatichine e letture graduate per le scuole inferiori: s’erano aggiunte le grammatiche di varie lingue, i vocabolarii, le antologie; qualche classico italiano, qualche buon autore di altri paesi vi faceva capolino. Questa novità non l’aveva certamente pensata il signor Demetrio: era il frutto delle prudenti audacie di Zufoletto, il quale, quanto più desiderava di accrescere con la lettura il complesso delle sue cognizioni, tanto più attentamente studiava i bisogni intellettuali dai suoi avventori, secondo le classi, gli umori e le stagioni.
Mercurano, a dir vero, ne masticava pochi, dei libri, ma pochi bene: per contro, ne andavano via molti nei giorni della gran fiera di luglio, ed anche discretamente alla domenica nei mesi d’estate e d’autunno, quando le prossime colline mandavano qualche villeggiante a fare la sua passeggiata mattutina nel bosco. Anche su quella curiosità un po’ stracca degli scioperati signori che scendevano a dare una capatina nell’abitato di Mercurano, aveva fatto capitale l’accorto