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spirito. Del resto, era così naturale che il marito di Fulvia primeggiasse là dentro, su tutti gl’impiegati del Bottegone! Anche il signor Demetrio, che vedeva tutta quella ingerenza e taceva, non dava col suo silenzio ragione al modo di operare del suo riveritissimo genero?

Così a poco a poco Virginio Lorini, già segretario e factotum di casa Bertòla, si ritrovò spodestato. Aveva sempre la cura del libro maestro, segnava le partite, tirava giù i conti, ma come uno a cui potevano essere riveduti; e non solamente dal suo principale. Raccoglieva ogni sera la nota e il ricavato delle vendite fatte, ed aveva in consegna la cassa. Questa, poi, la teneva senza vincoli di sindacato: sarebbe stato troppo levargliela, e più ancora mostrargli diffidenza con ispezioni solenni e periodiche. Ma anche senza venire a tal forma d'indagini, il conte Attilio sapeva sempre, e spesso mostrava di conoscere a puntino che somme ci fossero in cassa; vedeva l'impiego del denaro, e consigliava un collocamento piuttosto che l’altro. Così l’ufficio di Virginio Lorini, essendo ancora di grande malleveria, non tornava più di quella soddisfazione morale, che rende la malleveria sopportabile e grata.

Tutto ciò sarebbe stato ancor nulla, se quella inferiorità fosse stata avvertita solamente da lui: ma il guaio era che la sentivano e la notavano tutti. Delle sette persone che lavoravano al servizio del signor Demetrio, una lo compiangeva sinceramente, ed era il garzone pizzicagnolo, il suo vecchio maestro d’aritmetica; le altre lo stimavano meno, e delle sue osservazioni, quando pur ne faceva, non si davano più pensiero come una volta. C’erano poi quelli che lo disprezzavano apertamente; e Maddalena più di tutti, Maddalena che non sentiva più il bisogno di tener vive le relazioni con qualche frase studiata, fra la celia e la tenerezza, e già prendeva a guardarlo dall’alto in basso, con gli occhi socchiusi e il labbro inferiore fuori di riga, in atto superbamente regale.