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dire la mela d’Isacco Newton, dalla quale il grand’uomo fu condotto alla scoperta della gravitazione universale.

— Sicuro, la gravitazione; — ripigliò il signor Demetrio, messo finalmente sulla buona strada. — La mela casca sul naso al Newton; dunque i corpi.... certamente i corpi son gravi, e quando son gravi possono anche far male; ecco la legge. Così il Bottegone. Avevo una bottega; ho trovato che era bene averla, e che averne due era meglio che averne una sola; perciò ne ho aperte due, tre, quattro e via dicendo. Questa è stata l’idea; maravigliosa, ne convengo; ma c’era egli bisogno di proclamarmi, per questa semplicissima trovata, un grand’uomo? Povero grand’uomo, se mai, che ha fatte tante corbellerie! E mi fermerò poi qui? Mistero, ahimè, impenetrabile mistero! —

Sospirò, il bravo signor Demetrio, grande filosofo senza saperlo. Se il suo signor genero lo avesse udito in quel punto, certamente avrebbe trovato modo di aggiungerlo ottavo ai sette sapienti della Grecia.

XV.

Quello che Virginio Lorini aveva incominciato a sentire di sè, prendeva forma a grado a grado, e corpo e senso di verità. Nella casa ch’era stata sua per oltre vent’anni, egli diventava straniero un giorno più dell’altro. Quella non era più abbastanza la casa Bertòla, ed era già troppo la casa Spilamberti. Il conte Attilio ci prendeva radice; ancora un po’ di tempo, e non l’avrebbero più smosso neanche colla leva d’Archimede.

E come mai poteva egli guadagnar tanto nell’animo del suocero? Non già coll’unto, di cui il signor Demetrio ben conosceva la pessima qualità, e che il conte, del resto, non s’ostinava più a dargli; ma piuttosto per virtù di pazienza, che