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te, erano meno intimi del solito; vagavano sul più e sul meno, interrompendosi spesso per troppo facile esaurimento dei piccoli temi. Per fortuna, c’erano i bambini; quei cari bambini che riescono di tanta utilità in una brigata che non ha niente da dire, e che non vuol guastarsi il sangue toccando un punto piuttosto che un altro. Ed anche Virginio, aiutandosi come poteva, rivolse la sua attenzione ai bambini.

— Lamberto ama molto il signor Virginio; — notò la contessa, cercando anche lei di aiutare la conversazione e di estenderla. — Ma quando Guido conoscerà un po’ meglio e potrà dire la sue piccole ragioni, Lamberto avrà in lui un fiero rivale.

— Già; — rispondeva Virginio. — Son tutt’e due così cari! —

Ma non si poteva parlar sempre dei bambini e delle loro prodezze. Dopo le frutte, la balia e la bambinaia si alzarono, portando via i due rampolli a prender aria. Si sa, i bambini non possono stare lungamente fermi in un luogo, come i grandi. E i grandi, come si trovarono soli, attaccarono presto una conversazione più seria. Il conte Attilio, evidentemente, voleva rompere il ghiaccio; e a modo suo, con grande asseveranza di discorso, entrava a fringuellare d’affari, di commercio, di compra e di vendita, forse cercando di prendere a quell’esca il suocero, ancora un po’ grosso, e d’ingrazionirsi a mano a mano con lui.

Curioso personaggio, quel genero; e curioso il modo come intendeva di riuscire accetto al signor Bertòla! Aveva mangiata in due anni la dote della moglie; aveva i suoi beni in vendita; viveva oramai alle spalle del suocero, e si dava l’aria d’un gran finanziere, d’un milionario in vacanze, che con spensierata generosità semina idee nel campo dei vicini, degli ospiti, dei conoscenti, coi quali è stato messo in relazione dal caso. Quel giorno, per esempio, prendeva argomento dal Bottegone: una grande intrapresa, un’idea maravigliosa, di cui dava gran lode al genio del suo