Pagina:Barrili - La figlia del re, Treves, 1912.djvu/224


— 216 —


un intruso dell’ultim’ora, che non ci aveva consuetudine, che non ci aveva amore, e per conto suo non avrebbe potuto far altro che mandarla in rovina.

Andò a Parma, e non scese a quella stazione; seguitò invece per Modena, dove si fermò per abboccarsi coll’amico notaio e ragionare con lui intorno alla vendita dei beni del conte Spilamberti. Le notizie corse erano vere pur troppo: seccata di non avere interessi da un anno, la Banca Agraria aveva promossa la vendita all’asta pubblica. Quella era una buona occasione per Virginio Lorini. Non mirava già ad acquistare la terra di Nonàntola; per quella aveva offerenti il notaio, e del resto non poteva piacere a lui di rinvilirne il prezzo, come avrebbe dovuto, poichè il possessore ne aveva levate in anticipazione sei annate di reddito. Per contro, gli poteva convenire il palazzo di Modena, che a nessuno sarebbe venuto in mente di comperare per un prezzo superiore alle ventimila lire, ed egli ne avrebbe date magari le venticinque e le trenta. Strano, che il successore del conte Spilamberti in quella proprietà fosse appunto l’uomo da lui soppiantato in casa Bertòla. Ma anche questa era un’ironia della sorte. Virginio Lorini voleva pure la rôcca di San Cesario, quella sopra tutto, che non valeva nulla, che si sarebbe data per un fico secco, tanto sarebbe stata di peso a chi la dovesse possedere. Bisognerebbe esser matti per comprar quella rôcca, aveva detto il notaio, e i matti scarseggiano a Modena, dacchè li raccoglie il manicomio di Reggio. Ma queste non erano ragioni per trattenere Virginio Lorini; il quale si proponeva di far vedere che non tutti i matti erano ancora ricoverati là dentro.

Il notaio non aveva più niente da opporre; promise di contentare l’amico, andando a dirci su per conto di lui, e colla clausola del «nome da dichiarare». Così stabilite le cose, Virginio, che non aveva più altro da fare a Modena, se ne ritornò verso Parma e Piacenza, donde finalmente si condusse a Milano. Laggiù stette parecchi gior-