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uscite appena dal guscio della casa e delle sue consuetudini gelose; nè conferisce meno alla loro bellezza il primo rigoglio della maternità trionfante. Il fiore dischiuso durerà nella sua freschezza quanto vorrà durare o potrà; così come esso appare, nella pompa de’ suoi vivi colori, varrà sempre più del bottone, con tutte le sue timide speranze, con tutte le sue mal sicure promesse.

Si notava poi un certo che di pensoso, in quella bellezza, un certo che di profondo, di straniero, d’insolito, che ne accresceva il pregio e ne rendeva la sensazione più forte. Quante visioni in quegli occhi! Un po’ incantati, da fanciulla, un po’ birichini alle volte, ma sempre più curiosi che furbi: ora apparivano esperti del mondo, meno desiderosi di sapere, più raccolti in sè, più avari della loro luce o più schivi di mostrare la cresciuta potenza; grandi occhi, infine, come son sempre gli occhi d’una bella donna, sui quali è passata la doppia visione del bene e del male; ond’è che non sieno mai del tutto sereni, e nell’umido luccichìo lascino pensare alle lagrime che li hanno spesso velati.

Virginio Lorini vide tutte queste cose in un lampo; ma non si fermò a riguardarle. Si rinchiuse in sè, più che non avesse mai fatto; ed anche essendo vicino a lei, aveva un tal modo di esserci, che Fulvia non vedesse mai gli occhi di Virginio fissarsi un istante nei suoi. Ed egli sfuggiva le occasioni di trovarsi alla presenza di Fulvia, oltre le necessarie d’ogni giorno, del pranzo e della cena. La cosa non era neanche difficile, potendo egli star molto a pianterreno, ed ella non uscendo quasi mai dalle sue stanze del primo piano.

L’arrivo della contessa Spilamberti aveva fatto rumore in paese. Tutti volevano sapere il come e il perchè; tutti, naturalmente, non potendo saperne abbastanza dai fattorini e dagli altri giovani di negozio, cercavano di far parlare il signor Virginio. Ma egli aveva la sua ragione bell’e pronta per tutti, e tale da non appagare nessu-