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il signor Virginio ti potrà soggiungere che il Bottegone sta fermo e non crollerà nè per questo nè per altri colpi, cento o duecento mila volte più gravi. Ecco, l'ho detta, e dev’essere una sciocchezza, perchè mia figlia fa muso, come il mio figlioccio Lamberto.
— No, babbo, noi — gridò Fulvia, correndo a lui e gittandogli le braccia al collo. — Bisognerà bene che io mi avvezzi a sentir la lezione, anche quando tu non abbia intenzione di darmela.
— Vuoi dire? — mormorò il signor Demetrio.
— E sia pure come ti piacerà. Lascia allora che i tuoi figli rompano e sciupino quanto vorranno. Per far che facciano, non ti pare?... non arriveranno mai.... Va bene così? Ridi, e non se ne parli più. Sai bene che questa è casa tua, dopo tutto!
— Povero babbo! come sei buono!
— Oh questa è nuova di zecca! E come vorresti che io fossi cattivo? o solamente mediocre? Marietta! ehi dico, Marietta! —
La cuoca fu pronta ad apparire sulla soglia.
— Comanda, signor padrone?
— Comando e voglio grandi cose; — gridò il signor Demetrio, levando con olimpico piglio la testa e stendendo imperiosamente una mano vedova per fortuna di folgori. — Ha da essere un pranzo magno quest’oggi, mi capisci? E vedrai che gli faremo onore, tu che ti lagni sempre di non vederci mangiar mai di buon appetito. Quella cara tavola lunga, che morte! ci pareva sempre di vederci ballare i topi. Ora ci ballerete voi altri, ragazzi! Tu, falso Demetrio.... cioè no, diciamo invece mezzo Demetrio; e Guido, dall’altra parte, accanto a sua madre. Sicuro, li voglio a tavola, con quei due ritratti della salute che li portano in collo, e che mi paiono di buon augurio per la nobilissima stirpe. —
Niente di meno, la nobilissima stirpe! Tornava dunque alle antiche debolezze, il signor Demetrio Bertòla? Non lo credete; sicuramente l’enfatica frase portava la celia con sè. Per altro, anche quel tanto di celia mostrava che nello spazio