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suo dovere senza tanti rimpianti. Io ho compiuto il mio, e sento, scusate il mio orgoglio, sento la compiacenza della vittoria.

— Così dicessi tu il vero, ragazzo mio! Sarei perfino più contento di trovarmi qui in letto, con due once meno di sangue. Ma pur troppo mi pare che in queste cose non ci sia da cantar vittoria così presto. Per quello che se ne intende ogni giorno, a leggere gazzette, a sentirne di tutti i colori, è da credere che ci sia nell'aria un’epidemia, un contagio, un’influenza, o che so io, per cui si pigliano al giorno d’oggi delle cotte più forti che non se ne pigliassero prima. Ai miei tempi ci sarà stata molta romanticheria; par bene anche a me di ricordare questo nome, quantunque a Mercurano non abbia mai attecchito la cosa. Si andava un po’ più sulle nuvole, ecco tutto; eppure, si cascava di meno alto, quando si cascava, e non ci si faceva mai tanto male come ora. Non si scrivono più tragedie oggi, ma se ne fanno di più. Ci han tutti la rivoltella in tasca, o il braciere preparato in casa. Che brutta fine, a tante poesie! Poesie del malanno, dico io. Vedi intanto la poesia di quella pazza, dov’è andata a finire; duecentomila lire sfumate, e la miseria in vista. Perchè oramai non so più come potrà rimediarla, quel furfante assassino! Ma non mi venga davanti, non mi venga! Nè lui, nè lei; non voglio vederli. Il mio denaro.... il frutto di tante fatiche, di tanti sudori!...

— Calma, vi prego! — diceva Virginio, spaventato da quella animazione progressiva, che minacciava di soverchiare, come due giorni innanzi. — Volete farvi ritornare il sangue alla testa? lasciarci la salute e la vita, per questo vile denaro? Sì, ho detto vile, e lo ripeto. Si suda a guadagnarlo, voi dite; ebbene, che importa ciò? Gli altri che non ci hanno sudato, lo buttano via. Forse son essi più filosofi di noi. Siano poi filosofi o sciocchi, la conseguenza è una, che si pentono sempre di averlo buttato. Ma almeno i savi che lo han guadagnato, non si guastino la salute a rimpiangerlo, quando gli altri lo hanno per-