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via via sempre nuovi propositi, uno più pazzo dell'altro. Pure, uno tra tanti gli pareva più savio; non darsi pensiero del come avrebbe la contessa interpretato il suo atto, e scrivere una lettera in nome della casa, una lettera d’ufficio, accompagnante l’assegno bancario per le cinquantamila lire richieste, come se il vecchio avesse dato al suo segretario l’incarico di spedire la somma. Col vecchio, quando avesse veduto poi il copialettere, se la sarebbe aggiustata lui molto facilmente. Non aveva detto il signor Demetrio: «gliele darai tu, del tuo?» Ebbene, egli le aveva date del suo; se aveva fatto male a servirsi della firma della casa, una nota in margine poteva correggere l’errore, e scaricare di quel gravame l’azienda. Bel gravame, del resto, che non era pesato sulla cassa!

Egli dunque avrebbe osato appigliarsi a quel partito, più sbrigativo degli altri. Ma come si poteva scrivere in quel modo, due giorni dopo la lettera «ab irato» del signor Demetrio alla figlia? Non avrebbe la contessa pensato egualmente che la volontà del signor Lorini fosse entrata di straforo, a correggere la durezza del principale? E non sarebbe egli apparso ad ogni modo partecipe d’un segreto di famiglia, d’uno di quei segreti che i principali non comunicano ordinariamente ai loro dipendenti, se pure questi sian decorati del titolo di segretarii? Sottigliezze, dopo tutto, sottigliezze ridicole, a cui non bisognava fermarsi, mentre era urgente di venire in aiuto. Si rimettesse il signor Demetrio da quella sua indisposizione, fortunatamente leggera: egli, Virginio, la mattina seguente, andando a Parma, sarebbe corso alla sede della Banca nazionale, e avrebbe spiccato l’assegno.

— Sì, — diss’egli risoluto, non volendo più mutar di proposito, — così farò; è detta, e non si torna più indietro. —

Aveva parlato sommesso; ma aveva parlato, come talvolta avviene a chi medita con troppa intensità di pensiero, che le cose ragionate tra sè gli paion brani di conversazione vera tra due