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dita la congiura contro di me; lui che aveva letto il codice, che m’aveva perfino aiutato a trascriverne delle pagine, e l'unico che potesse aver cognizione dei passi somiglianti a quelli del Segneri.

— Una brutta azione! — esdamò Virginio. — Quell'uomo è dunque capace di tutto!

— Ecco, dice bene, capace di tutto. Per chiasso, diceva a sua scusa; aveva detto per chiasso, e il giornalista velenoso aveva raccolta una innocentissima chiacchiera da caffè. Ma si fanno queste chiacchiere infami, a caffè? contro un amico che aveva riposta in voi la sua fede? Ma gli ho fatta una partaccia; una di quelle partacce che so far io, quando esco dei gangheri. Mia moglie mi ha secondato degnamente; era perfino più inviperita di me. Quella è una donna!... Che donna impagabile! Creda a me, donne simili non se ne trovano a tutti i canti di strada. A Lei, signor Lorini, gliene auguro una compagna. —

Virginio Lorini, sempre tanto buono e cortese, non fu in quel momento pari a sè stesso; si dimenticò perfino di ringraziare il conte Sferralancia del suo amabilissimo augurio. Ma il conte Sferralancia non mostrò punto di aversene a male; troppo era felice di avere col suo sfogo letterario evitata la noia di ritornare sul tema dei suoi errori in materia di contratti dotali e di stati ipotecarii. Il degno gentiluomo ebbe per giunta la felicità maggiore, di veder andar via il suo visitatore importuno, che pochi minuti dopo si restituiva all'abitato di Mercurano e alle tristi consuetudini del Bottegone.

Doveva egli parlare al signor Demetrio di tutto ciò che aveva fatto a Modena, di tutto ciò che aveva saputo intorno alla condizione del conte Spilamberti? Lì per lì poteva essere una rivelazione pericolosa, visto e considerato il fiero turbamento del vecchio, il suo temperamento sanguigno e la poca forza di resistenza del suo grosso cervello. Certamente, facendo un atto di valore e uno sforzo eroico di borsa, il signor Bertòla avrebbe potuto dare le cinquantamila lire