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dusse all’ufficio delle ipoteche, dove gli fece vedere e toccar con mano che l'iscrizione della Banca agraria precedeva di tre mesi, anzi di tre mesi e sei giorni, il contratto dotale di Fulvia Bertòla.

Ma allora, e lo Zocchi, il dolce e dotto Possidonio Zocchi, uno dei primi avvocati di Bologna, che aveva vedute lui tutte le carte?...

— Adagio, collo Zocchi; — rispondeva il savio notaio. — Prima di tutto, lo Zocchi non è uno dei primi avvocati di Bologna, e chi ve lo ha assicurato dovrebbe farsela prima con altri cinquanta, tutti più vecchi e più riputati di lui. Per giunta, è un penalista; almeno, si parla di lui come di un penalista che promette; ma non si sa che abbia mai vinta una causa importante al civile, e i suoi clienti credo si contino sulle dita. Ha ingegno, dicono; ma è giovane, e può darsi benissimo che in questo affare sia andato un pochino con la testa nel sacco.

— Oppure, — soggiunse Virginio, — avrà avute le sue buone ragioni per contentarsi d’uno stato ipotecario.... di quattro mesi addietro.

— Non voglio crederlo; sarebbe orribile; — rispose il notaio. — Dove si può accusare ignoranza, non bisogna andare a trovar mala fede.

— Speriamo che sia così; — disse Virginio. — Quantunque lo sperar ciò, — soggiunse egli sospirando, — non sia un gran guadagno per casa Bertòla.

— Almeno per la probità umana; — conchiuse il notaio, aggiustando le cose alla meglio, o alla meno peggio, che in troppi casi è tutt’uno.

Virginio non ispese altro tempo a Modena, e col primo treno che partiva quel giorno se ne ritornò a casa sua. Sceso alla stazione che serviva a quei di Mercurano, montò nell’unico calesse che fosse in attesa colà, più che bastante ai bisogni dei fedeli parrocchiani di San Zenone. Come fu a mezza strada vide spalancate le persiane del castello Sferralancia, e subito lo prese il desiderio di fare una visita al conte.

Il signor Momino, avendo qualche cosa da fare nella sua dimora estiva, non era anche partito.