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tempo opportuna della tua nuova aspettata produzione. Approvo poi pienamente quanto mi scrivi circa il nome ed altresì circa la scelta del padrino. Il nostro signor Momino merita senza dubbio ogni riguardo, essendosi tanto adoperato per la tua felicità. Perdonami se non mi dilungo, avendo quest’oggi molto da fare. Gradirò sempre tue care notizie. Altro non mi resta che abbracciarti col tuo caro consorte; e credimi il tuo affezionatissimo padre

Demetrio Bertòla

Per dar ragione a tutti i pronostici, a tutti gli accordi anticipati, nacque un maschio, e fu un Guido. Il conte Momino, andato a Roma con donna Fulvia, dispose accanto a quel nome di Guido il suo di Girolamo. La madre, s’intende, ci volle aggiungere ancora quello di Demetrio; e la cosa fu debitamente annunziata al signor Bertòla, che aveva tenuto duro, non volendo fare un’altra volta il viaggio di Roma. Pure, lo avevano pregato e ripregato.

— Oh, mi facciano la grazia! — aveva risposto egli, con una spallata, come se quei di laggiù dovessero vederla ed esserne mortificati.

Il signor Demetrio aveva dato ragione, «pro bono pacis», ai suoi amatissimi figli; ma quel Guido, in verità, non lo poteva mandar giù. Che forse Demetrio non era un bel nome? Tanto bello, che molti re di Siria lo avevano portato, ed anche modernamente parecchi czar della Russia, autentici ed apocrifi. Sicuro, anche apocrifi, perchè c’erano stati, dopo la morte d’Ivano il Terribile, quattro falsi Demetrii, niente di meno; cose queste che quell’altro Demetrio, di Mercurano ed autentico, aveva facilmente imparate senza bisogno di libri, tenendo a chiacchiera il suo segretario. Quello lì sapeva tutto, benedetto ragazzo!

Otto o dieci giorni dopo quel secondo battesimo di casa Spilamberti, erano ritornati gli Sferralancia da Roma. Si fermavano a Bologna, essendo già la stagione inoltrata: ma proseguiva