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E porse l’orecchio ai due di sinistra. Ah, non c’era da dubitarne; i suoi due vicini di sinistra ne avevano anche per quella.

— Otto molle, e una nuova livrea! — diceva uno dei due. — La «Nuova Esperia» è in aumento.

— Sì, per lei, ma non per gli azionisti: — notava il compagno. — Ne avessero almeno la parte loro, quei poveri merli!

— Si contentino di saper felice il principe, e di vedersi così bene rappresentati; — ripigliava il primo dei due. — Il duca è già liquidato: ora ci passa il principe. Poi verrà il giro del conte.

— Che salto! Lo vorrà fare?

— Per forza, quando sarà liquidato anche il principe. Il conte, del resto, è in attesa, e seguita a mandar mazzi di fiori.

— Che sciocco! Con una moglie come quella!...

— Eh, caro mio, questa è la storia. Si va di bene in meglio, o di male in peggio, secondo i gusti. E i gusti cambiano, cambiano, come i consigli dei saggi.

— È un’infamia, per altro.

— Lascia correre. A noi della platea questi spettacoli sono molto istruttivi, e ci fanno anche sperar bene del futuro. Capirai, queste donne ci vogliono, in una società come la nostra. Se non fossero loro, come si ristabilirebbe l’equilibrio delle fortune? C’è troppa sperequazione, mio caro. Ma ci sono quei vezzosi bocchini, se Dio vuole; ci sono quei graziosi dentini, che vanno sgretolando bravamente ogni cosa. Due, tre anni di sgretolamento, e un nababbo è finito; a disfare i minori non occorre che un anno. Così torna l’equilibrio sociale, nella rovina di tutti. —

Il signor Demetrio ascoltava e fremeva.

Che lingue! Dio di misericordia, che lingue di vipera! L’equilibrio sociale ristabilito; e come, e da chi! Questa è nuova.... cioè, niente nuova di zecca; è vecchia, piuttosto, vecchia come la barba di Aronne. Qui, per altro, si lavora più in fretta. In due anni un nababbo! in un anno una mezza fortuna! Che roba! che roba! E questa è Roma, che deve dare al mondo l’esem-