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gli uomini. Si levava, diritta davanti agli occhi del signor Demetrio la colonna Antonina, e il signor Demetrio si fermò un pezzo a considerarla.

— Antonina! Antonina! — borbottava egli tra i denti. — Che cosa m’ha più detto Fulvia, che questa colonna è chiamata così per isbaglio? e che lo sbaglio l'ha commesso un papa? Vedete come sono infallibili! Ah, mi pare che abbia parlato di Marc’Aurelio; e quei bassirilievi devono rappresentare le guerre di Marc’Aurelio contro un popolo tedesco, che aveva un certo nome.... Che nome aveva? Ricordo, sì, ricordo che il nome di quei barbari illustrissimi cominciava come quello dell'imperatore Marco.... Marcaralli.... Marcogianni.... Insomma, che importa a me? si chiamino un po’ come vogliono, io me ne lavo le mani. Ah, ecco, Marcomani, Marcomani per l’appunto. Quando si dice che una cosa aiuta a rammentarne un’altra! Marcomani; anzi meglio, Marcomanni. Che bella cosa la storia! E come la sa a menadito, quella cara figliuola! È un portento. Non ricordo più che cosa m’abbia detto delle colonne di quel porticato. Sono state prese a Veio, e sono ioniche, mi pare; ma a che edifizio appartenevano, a Veio? Vattelapesca. So bene che mi farebbero comodo a Mercurano per decorare la fronte del Bottegone. Averle là, per riparar gli usci dalla neve e dalla pioggia, che bazza! E tutto un terrazzo di sopra, con dei vasi di fiori per l’estate! Mercurano non avrebbe più nulla da invidiare a Roma; o almeno potrebbe chiamarsi contento di quel poco. —

A grado a grado, oziando sulla piazza, osservando e facendo castelli in aria, il signor Demetrio si era calmato. Quando gli tornò alla mente il deputato Spicchi, l’onorò a modo suo d’una risata di compassione.

— Che sciocco! — esclamò! — Si crede radicato nel collegio. Te lo darò io, il collegio; ed anche le radici, caro; e condite coll’aceto forte. Ma intanto, signor Demetrio mio bello, anche voi facevate il conto senza l’oste; — proseguì, ridendo un tantino alle proprie spalle. — Se ave-