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storia. Dov’era il frumento? dov’era il grano turco? E i gelsi? e le viti? Roma, Roma! gran pascoli, e nient’altro che pascoli! Erano poi pascoli ricchi? I buoi ci avevano assai più sfoggio di corna, che lustro di pelame e abbondanza di quarti.

Ma infine, pazienza; egli finiva col non pensare più a tutte quelle miserie: stava accanto a sua figlia, ed era questo il suo divertimento maggiore, in mezzo a tante grandezze, delle quali non capiva un bel nulla. Amava sopra tutto sentirla parlare di cose antiche; ottima occasione per lui di pensare che le aveva fatto dare un’educazione coi fiocchi. Ah, quelle Dame Inglesi, gliel’avevano proprio istruita per bene. La sua Fulvia teneva la Storia Romana sulla punta delle dita. Sapeva tutto, lei, e metteva ogni notizia a suo posto; alla villa Adriana, al ponte Lucano, alle cascate di Tivoli, a Tuscolo, al lago d’Albano, al lago di Nemi, a Civita Lavinia (dov’erano andati un giorno, portando la balia in trionfo ai suoi concittadini) sapeva dire chi ci fosse nato, chi ci fosse morto, che cosa ci fosse avvenuto di notevole, in quei tempi lontani che al signor Demetrio confondevano la testa, più ancora che il meccanismo del credito.

Erano stati anche al Pincio una volta, e due a Villa Borghese; la prima volta per girarne i viali, la seconda per visitarne il museo; tutt’e due le volte ad ore quiete. Il Corso lo avevano fatto egualmente, ma senza dargli importanza. Che cosa è ormai il Corso, dopo l’apertura di tante strade nuove, e larghe il doppio di quello? Più spesso accadeva di doverlo attraversare, ora in un punto, ora in un altro, per andare a San Pietro, ai musei Vaticani, a Sant’Onofrio, a Villa Pamphili. Così avvenne che il signor Demetrio, avendo spesso occasione di vedere il Corso, e tanto da esserne stufo, non lo avesse veduto mai nell’ora solenne del passeggio pomeridiano. Sarebbe partito da Roma senza averne un’idea, se il caso non fosse intervenuto a farne qualcuna delle sue.