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proferito? Sicuramente, doveva esser così, e le parole del signor Demetrio erano state male interpetrate da lui. Se fosse stato altrimenti, che vergogna per il povero Virginio! Un forte amore si conosce qualche volta all’oblìo della propria dignità. Ma questo sarà il caso di un amor fortunato, se mai. E ben diverso era il caso di Virginio Lorini.

Egli avrebbe potuto saperne l’intiero, tirando da capo sull'argomento doloroso il padre di Fulvia, e facendolo cantare. I modi non gli mancavano, poichè la lingua batte dove il dente duole, e il signor Demetrio parlava volentieri di sua figlia e di quel matrimonio, che alle volte gli piaceva a quel dio, e alle volte niente affatto. Ma egli non osò più di toccare quel tasto. Come sempre avviene quando un brutto presentimento ci avverte di una scoperta disgustosa che potremmo fare indagando troppa minutamente le cose, Virginio tremava di andare più oltre, e gli tornava meno spiacevole di rimanere nel dubbio.

Tacque adunque; e da quel giorno, per non correr pericoli, si rinchiuse sempre più nella cerchia dell’assiduo lavoro. Ma non era più quello di prima che una dolce malinconia rendeva ancora abbastanza trattabile. La dolce malinconia si era cambiata in profonda tristezza. I gravi pensieri gli si leggevano negli occhi, che non parevano fissarsi mai in nessuna delle cose circostanti. Quando gli si volgeva il discorso, dava un sobbalzo, come chi sia destato improvvisamente dal sonno: ritornando in sè per dare udienza alla gente, aveva sempre l’aria di cascar dalle nuvole.

Del resto, era lasciato molto tranquillo. Da lunga mano i commessi del Bottegone lo consideravano come un superiore, ed era tutta bontà sua se negli atti mostrava di voler essere tenuto come un eguale. Ma ormai, eguale o no nella condizione del lavoro comune, egli non era punto eguale ai suoi compagni nella condizione della ricchezza personale, e tutti incominciavano a guardarlo come un essere privilegiato. Che cosa fanno i quattrini! Egli, poveraccio, non si ricordava