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sogna ballare, diceva lui; ma invano. Il suo signor genero, che aveva tanta boria in capo ed ostentava tanto i suoi titoli, in certe cose non amava far chiassi. Pure, la nascita d’un figliuolo, del primogenito, dell’erede del trono.... Ma no, il conte Attilio non voleva saperne, e la contessa Fulvia gli dava ragione, dicendo che le pompe del battesimo non erano di moda, non si usavano più che da semplici e grossi borghesi.

— Facciamo dunque le cose da gran signori; — aveva conchiuso il signor Demetrio, rassegnandosi ad un battesimo senza chiassi, alla sordina, quasi di soppiatto, come se si fosse trattato di un altro.

Per compenso, quasi per consolazione di quel piccolo dispiacere, il signor Demetrio era trattenuto a Roma dalla sua Fulvia, più a lungo che non avesse disegnato di rimanerci. Quella cara figliuola non sapeva spiccarsi da lui. E il signor Demetrio scriveva a Virginio, pregandolo di aver pazienza, se ancora per un po’ di tempo gli lasciava sulle spalle tutto il carico degli affari. Inutile preghiera; per quello che il signor Demetrio faceva al Bottegone, avrebbe potuto restare a Roma fino all’occasione di un secondo battesimo.

Virginio era dunque solo a Mercurano, col carico di tutti gli affari sulle spalle, quando gli capitò d’improvviso al Bottegone un pezzo grosso di Bercignasco; il campanaio, niente di meno. Veniva in gran fretta, con una grande ansietà dipinta sulla faccia. Se il signor Virginio voleva vedere ancora una volta lo zio arciprete, doveva accorrer subito subito. Non c’era tempo da perdere; il povero vecchio, già cagionevole di salute, colto da un male improvviso che lì per lì era stato gabellato per una semplice infreddatura, ma che avevano riconosciuto poi per un filosofo greco (il nome almeno era greco, come in tanti altri malanni della povera creta umana) si era improvvisamente aggravato, non aveva più che un filo di vita.

Il triste annunzio colpì dolorosamente Virgi-