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Modena. Ma le tradizioni della famiglia risalivano più su, quattrocent’anni più su, per collegare il primo rampollo, il capostipite della casata, al figliuolo di Guido di Spoleto, a quel valoroso ed amabil principe Lamberto, che, associato al padre nell’impero e fatto re d’Italia, era morto a caccia nel bosco di Marengo, cadendo da cavallo, nell’anno 898.

La filiazione non si poteva veramente derivare da quella illustre origine, se non per mezzo di una piccola macchia nel blasone. Viveva, sempre secondo la tradizione, viveva poco dopo il 900 uno «Spurius Lamberti», ritenuto da tutti figlio illegittimo di Lamberto; e infatti, perchè si sarebbe detto «Spurio», se non si fosse trattato di un padre di alto grado, di condizione regale? Così assicurata la filiazione, era facile ammettere che lo «Spurius Lamberti» si fosse scorciato nel nome di Spilamberti, rimasto ai figliuoli di lui e per essi tramandato alle generazioni seguenti. La nobile origine avrebbe potuto essere più regolare; ma infine il bastardume, trattandosi di stirpi così alte, non era mai stato disonorevole nel Medio Evo, e neanche più giù. Gli Spilamberti, a buon conto, se ne vantavano, mostrando volentieri le vecchie carte del Seicento, che facevano menzione della cosa, riferendoisi naturalmente a carte più antiche.

E la continuazione di tanta gloria era affidata al sangue dei Bertòla. Arcane preparazioni del destino! Non era anche da vedere un arcano consiglio, una affinità misteriosa, in quel «berto» che ricorreva nel nome degli Spilamberti come in quello dei Bertòla? Se n’era discorso qualche volta, come di una fortunata combinazione, innanzi che si facessero le nozze; e il conte Attilio se n’era compiaciuto molto col suo futuro suocero, il quale ne aveva provato una gioia non piccola. Se fosse stato un tacchino, certamente avrebbe fatto la ruota.

Peccato che nella occasione del battesimo non si facesse una gran pompa, come il signor Demetrio avrebbe voluto. Quando si è in ballo bi-