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La Castigliona era una possessione del signor Bertòla, distante forse mezz’ora di cammino, dalla parte dei monti. «Vado e ritorno» aveva detto Virginio; ma si capiva che tra mezz’ora per andare, mezza per ritornare, e un’ora o due per restare a discorrere di affari col caciaio, poi fors’anche col fittaiuolo, avrebbe consumata una parte del giorno. Il signor Demetrio si maravigliò molto, quando seppe che il suo segretario era andato laggiù, e in un giorno come quello, di festa solenne, che il caciaio stesso e probabilmente anche il fittaiuolo sarebbero venuti a Mercurano. Ma non diede importanza alla cosa; pensò invece che un’occhiata al podere non fosse inutile, data con piena libertà, mentre erano lontane le persone più interessate a nascondere il vero.

— Avrà anche fatta una passeggiata; — conchiuse mentalmente il signor Demetrio. — Poveraccio! non si muove mai dal Bottegone. Quanto al panegirico, se lo farà raccontare, come farò io certamente. —

La signora Placidia era proprio scesa di carrozza coll’idea di dare una capatina al Bottegone. Si stava per chiudere, essendo vicina l’ora della funzione in chiesa: si tenne aperto ancora un quarto d’ora per lei, che voleva fare certe piccole spese. Non aveva chiesto del signor Virginio, no davvero; ne chiedeva in sua vece lo zio arciprete, ma così per accademia, senza un deliberato proposito di vedere il nipote. Il nipote era andato per affari alla Castigliona; segno che stava bene; lo salutassero per lui, e non occorreva più altro. La signora Placidia aveva fatte le sue compre; aveva salutato; le avevano spalancato i due battenti dell’invetriata, per lasciarla passare più comodamente che non fosse entrata; e così la sua curiosità insoddisfatta se n’era andata a prendere conforto in una tazza di cioccolata alla canonica di San Zenone, dove un’altra serva sinodale, magra, rugosa e nera come un fico secco, le aveva fatto di gran complimenti sul suo florido aspetto, dichiarandola il vero ritratto della salute. Tre o quattr’ore dopo, finita