Pagina:Barrili - La figlia del re, Treves, 1912.djvu/136


— 128 —


Ma anche quel poco domandava l’economia del palazzo di Modena, specie in attesa dei guadagni sulla «Nuova Esperia», che non potevano mancare. Il principe Andolfi e il banchiere Spitzbolzen stavano mallevadori di tutto.

E di venire a Mercurano, per consolar d’una visita quel povero babbo, non una parola mai! Del resto, non si poteva più pensare a viaggi, se era per avverarsi una certa notizia, ancora incerta ma degna di conferma assai più di tante e tante che corrono il mondo ogni giorno. Fuli incominciava a darne un minimo cenno, promettendo di ritornarci su; e questo faceva per l’appunto una settimana dopo, innalzando i suoi dubbi al grado di una fondata speranza. Ancora una dozzina di giorni e la speranza volgeva a certezza, la certezza ad una effusione di amore e di orgoglio, ad un principio d’inno per colui o per colei che doveva venire. Fuli era tutta trepidante di gioiosa ansietà; Tili, più calmo nella sua virile allegrezza, non s’innalzava alla poesia dell’inno, ma raddoppiava di energia nella prova degli affari, che dovevano assicurare un largo stato a colui che doveva venire. Così i due salmi finivano in gloria ugualmente: solo la madre futura, preparata ad amare e non a preferire, diceva colui o colei, senza far distinzione.

Che bella cosa, la creatura aspettata! Come lusinga in anticipazione l’orecchio la musica ancora ignota del suo primo vagito! E quanti bei sogni, quante dolci fantasticherie, quanti disegni maravigliosi, quante ricche tele di fili d’oro, d’argento e di seta s’intessono col pensiero, per rendergli facile, felice, gloriosa la vita! Fuli ne ragionava al suo babbo in pagine più frequenti, più numerose e spesse che non avesse fatto mai prima d’allora. Anch’egli, il futuro nonno, avrebbe amato il sangue suo: anch’egli, per l’occasione del sospirato natale, sarebbe andato a Roma.

— Oh questo, poi!... — borbottava il signor Demetrio, gittando la lettera, per ripigliarla un minuto dopo. — No davvero, non mi ci pigliano, neanche coll’esca del nipotino. Ma che! Dovrò sempre