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tuo giudizio in questa materia val molto. Gli acquisti per il nostro negozio li fai sempre tu. Capisco che qui è un altro paio di maniche. A queste altezze non si slancia il Bottegone; rischierebbe di saltare in aria. Ah, buona, questa! Mi è venuta così spontanea; ed è nuova di zecca, non ti pare? —

Era in estasi, il signor Demetrio, come uno spirito beato, assorto nella contemplazione di una eterna felicità. Ma non sempre, non sempre; forse perchè non è dato alla creatura, vestita ancora d’ossa e di polpe, il restare a lungo sospesa, fosse pure colla immaginazione, sui cirri e sui cumuli galleggianti del supremo ideale. Qualche volta, scendendo un po’ bruscamente a terra, gli accadeva di ritrovarsi in collera con sè stesso e col mondo. La cosa gli accadeva pur troppo, tutte le volte che pensava alla necessità di snocciolare quella dote così grossa.

— Duecentomila lire! — esclamava. — Duecentomila! Si fa presto a dirlo; ma è più lungo a contarlo, tutto questo denaro; è più lungo a spremerlo, tutto questo sangue delle nostre vene. La cavata è in verità troppo forte. E sei tu, Virginio, sei tu....

— Io! — interrompeva Virginio.

— Tu, sì, tu che me l’hai consigliata. Se tu non mi mettevi quella pulce nell’orecchio, credi pure che non saremmo arrivati a questo punto. Avrei detto cento; mi avrebbero risposto che non basta; e ciò mi avrebbe seccato, e mi sarebbe venuta spontanea la risposta: o cento, o nulla; o prendere o lasciare. Ma con quella pulce nell’orecchio, ero già preparato al colpo; temevo io stesso che centomila lire fossero poche; e mi son lasciato tirare più in là, più in là, fino alle dugentomila. Fortuna che non m’hai detto di più; altrimenti, Dio sa dove mi lasciavo condurre. Intanto, capirai, ci va tutta la rendita che avevamo messa da parte; e dell’altro ancora, dell’altro. Prevedo che resterai al verde, o giù di lì.

— Non temete, non temete; — disse Virginio. — Anche con la «cassa rotta» potrò tirare avanti.