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Consigliarsi con lui, coll'avvocato senza cause, col cugino delle signorine Cometti? Senza contare la poca pratica di quel Bartolo da strapazzo, sarebbe stato come appendere il sonaglio al collare del gatto: in due ore tutta Mercurano sarebbe stata messa a parte del geloso segreto. Il signor Demetrio non amava che si sapessero prima del tempo ì fatti suoi e quelli degli altri che avevano da fare con lui. Del resto, quelle carte legali egli non le aveva accettate se non per farle vedere a Virginio. Istintivamente sentiva di dover dare quella prova di confidenza al suo segretario, senza il cui consiglio non aveva mai mosso un dito in nessuna occasione. Virginio non voleva saperne? ricusava di leggere, di esaminare, di consigliare? ricusasse pure; quelle carte si potevano dare per lette. Il signor Demetrio le conosceva; ci aveva perfino schiacciato un sonno di mezz’ora, sentendole leggere dal dolce Possidonio con quella sua bella voce di dottor Balanzone raffinato. Per quello che ne aveva inteso, era convinto; per quello che non ne masticava, non essendo uomo di legge, gliene importava poco, anzi niente; poichè ci aveva visto tutto chiaro, tutto in regola, un avvocato come lo Zocchi, che aveva la clientela di mezza Bologna, che godeva la piena fiducia del signor Momino Sferralancia, come della sua savia, stagionata e navigata signora.

— Infine, — diss’egli, — quando c’è l’ipoteca sugli stabili.... non ti pare?

— Eh, certo; — rispose Virginio; — quando c’è l'ipoteca non occorre più altro. Far registrare poi gli atti, e farli trascrivere, è affar da notai; e il vostro, signor Demetrio, ha sempre fatte le cose per bene. —

Sospirò, così dicendo, il povero Virginio Lorini. Pensava in quel punto ad un altro notaio che le aveva fatte male, costringendo il suo unico figlio a limosinare la vita da uno zio senza cuore, e a trovare per grazia di casa Bertòla un tozzo di pane, che incominciava a condirsi di lagrime.