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che aveva; ma gentiluomo perfetto qual era, e universalmente stimato, metteva la sua onoratezza a guarentigia della restituzione. Il signor Cesare Perrotti non poteva dirgli asciuttamente di no, nè come ricco mercatante, nè come uomo che la pretendeva a gran signore. Ma rastiate il Russo, dice il proverbio, e sotto l’intonaco v’apparirà sempre il barbaro. Ora sotto l’intonaco del signore e del ricco, c’era sempre il Perrotti. — Mi duole, rispose egli all’amico bisognoso, mi duole davvero di non potervi accomodare di questa somma. Come sapete, io traffico insieme col Branca, e nella nostra ragione di commercio c’è una clausola molto fastidiosa, che m’ha più volte vietato di far servizio agli amici, quella cioè di non far mai imprestiti sulla cassa comune. — Ma, aveva risposto quell’altro, egli non è già alla casa Perrotti e Branca che io domando questo servizio... — Sì, sì, intendo quello che volete dirmi, ma lasciatemi finire. Io, sempre per questo malaugurato atto di società, non piglio dalla cassa che ventimila lire all’anno, per mantener la famiglia, e il mio socio del pari. Ora, che cosa si fa con ventimila lire all’anno? Io lo domando a voi. Mettete su casa, tenetela in piedi con un certo decoro, senza scialaquo, e ve ne accorgerete al finir di dicembre! Avevo