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e si va a desinare fuori le porte; o si desina in città e si esce a fare una cavalcata sui bastioni col dottor C. uno dei miei più cari amici, il quale ha un umore come il mio; poi si va a teatro, e da capo al Martini, o al Cova, o dove meglio torna al mio bizzarro collega.

«Ma quello che io faccia davvero, non so. Per rompere un tratto la monotonia del vivere, siamo andati fino a Bergamo, a salutare la statua di Torquato Tasso nella più malinconica piazza antica che io abbia veduta mai; di là fino a Brescia, e, Dio cel perdoni, fino a Lonato. Se non ci fossero i tedeschi, saremmo andati fino a Venezia. A Lonato, un bel paese che ha una chiesa più grande del naturale, ho visitato le rovine di un castello dei Veneziani, dal sommo del quale si vede il lago di Garda. Mi parve di scorgere il mare, e non ebbi pace fino a tanto non giunsi a Desenzano, dove mi imbarcai per Sirmione, a visitare gli avanzi della villa di Catullo. Ma non mi chiedete ricordi; viaggio con desiderio fino alla meta; quando giungo, mi passa la voglia, e non vedo l’ora di tornarmene via.

«Eccovi la mia vita; sono stanco, e sapete il perchè? Io credo di averlo indovinato. Di tanto in tanto, sul mare della vita vi colgono di cosiffatte calme moleste; non tira una bava di vento; la vela non giova, e non s’ha braccia per andare a remi. Io sono in questo misero stato, e se non fossi il vostro medico e non temessi colle opere di far contro alle mie stesse parole, potrei dirvene di belle, circa la utilità della vita.

«Voi intanto risanate, che siete chiamata a risplendere nel mondo per bellezza e bontà. Io pure ho speranza di vincere questa fiacchezza, e venir presto ad ammirare l’opera mia.... anzi a baciarle le mani.

«Guido