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ziamenti della bellissima inferma. Le toccò il polso con molta gravità, cercando di dimenticare che le sue dita premevano le carni della donna gentile; ordinò alcune pozioni; le disse che sarebbe tornato più tardi per condurla in giardino, e partì mezz’ora dopo che era entrato da lei.
E’ fu un medico e nulla più; si ristrinse nel suo ufficio, come la chiocciola si rannicchia nel suo guscio; e di fuori appariva tutto gaiezza, tutto sorrisi, mentre sentiva lo schianto nel cuore.
Più tardi, in giardino, fu la medesima cosa. Uditrice la signora Luisa, e’ fece una lezione di botanica col Giacomo; parlò della pioggia e del sereno con una mirabile franchezza. La donna gentile si stancò della passeggiata, ed egli le offerse il braccio per ricondurla in casa. Seduto accanto a lei sul canapè, si pose a leggerle un canto dell’Ariosto, facendole assaporare le prelibate dolcezze del racconto e la scioltezza di quelle stanze divine, fino a tanto gli occhi non le diventarono piccini dal sonno, e allora egli prese commiato.
Per tre o quattro giorni durò in quel modo, salvo che, in cambio di condurla a passeggio pel giardino, l’accompagnò in carrozza a fare qualche gita verso il bel paese di Pegli. La sottile brezza marina rinvigoriva il petto all’inferma; le resinose