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da terra per andare a salutare i parenti e gli amici, non avevano un cencio di che coprire le loro miserevoli nudità. Vedevano i compagni, ben coverti dalla pietà ricordevole dei superstiti, valicar leggieri la soglia del camposanto e correre colla brezza notturna fino all’abitato, per deporre un freddo bacio sulla fronte dei cari viventi, raccolti a meditazione dintorno al focolare domestico. Ed eglino, poveretti, nulla! Eglino, dimenticati dal mondo, erano costretti a rimanersi vergognosi nel sacro recinto, e a richiudersi intirizziti nella fossa.
«Vedermi morta là dentro, senza affetto, senza rimpianto, vedermi a dormire ignorata, obliata in eterno, senz’altro compenso della comune allegria dei superstiti, che una menzogna scolpita sul marmo, argomento al sogghigno dei riguardanti curiosi, fu una amara lezione, della quale io vi sono debitrice.
«Ma dove avete imparato voi, cuore di donna in petto virile, il segreto di scuotere la fibra intorpidita dall’agonia, di cogliere un dolore nel profondo, di irritarlo, di cacciarlo da tutte le sue ridotte, suscitando a congiura tutte le ire dormenti, tutte le speranze affievolite di un’anima che più non intendeva sè medesima, e soffocarlo, nell’impeto supremo di tutte quelle forze collegate? È la scienza forse, che vi ha fatto indovino, mago e ricreatore di spiriti?
«Vi ricordate di quei bambini che si trastullavano sulla porta del cimitero? Ohimè, come la vita è vicina alla morte! ma, per contro, come il rimedio è provvidenzialmente vicino al male! Cari fanciulli! Essi non sanno nulla della vita; ignorano se dalle sue battaglie deriverà ad essi la morte o il trionfo, il dolore o la gioia; ma vivono e sorridono, e più tardi, giunti all’età dell’affetto, avranno desiderii e speranze, conformi alla legge che tutti trascina. Certo avranno a