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tazione, e indovinando i tristi pensieri che le ingombravano la mente, si fece daccanto a lei, parlandole in tal guisa:

— Sì, la Caterina Stella. Eccola lì, dietro questa parete sottile, tra quattro assicelle di quercia. Oltrepassate questo muro, spiate tra le fessure di quelle tavole cogli occhi della mente, e la vedrete, la Caterina Stella, il cui casato era così leggiadro tema di bisticci, foggiati a complimento. I suoi capegli d’oro, pari a quelli di madonna Laura, cantati da nuovi Petrarca, dipinti da un altro Simon Memmi, sono là entro, disciolti, senza la natìa lucentezza, corrosi dal tarlo. Quel volto ovale, quella bianchezza mirabile di carnagione, quegli occhi che mandavano faville..... non c’è più nulla! Vi ricordate della Caterina Stella ne’ suoi bei tempi? C’era ressa di adoratori dintorno a lei, sebbene il marito fosse geloso come una fiera, e minacciasse pur sempre di mordere. Il Riccoboni lo dicevano il preferito tra tutti i suoi cavalieri, sebbene il Cigàla avesse avuto tre duelli per lei, e sebbene il Grandi, a chi ne parlava, dicesse con una certa sua aria misteriosa che le erano tutte chiacchere. Ella avrebbe forse trentadue anni, se vivesse; e sono già otto anni che la è qui povera Stella senza luce, povera Pleiade scomparsa dal firmamento! Io vengo qual-