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mie ricordanze, ma come una pallida immagine del passato. Io, che l’ho amato come un padre, io vivo senza di lui, non sento la necessità di stargli daccanto. Gli altri, poi, e parlo dei buoni, leggono le sue opere, ma non hanno bisogno di salutar vivo l’autore. Vengono qui a caso, guardano con reverenza la sua tomba, e poi se ne vanno a desinare, forse un tal po’ melanconici, per la visita fatta alla casa della morte, ma senza mandar giù un boccone di meno. Questa è la morte, o signora, e questa è la vita. —
Fecero alcuni passi in silenzio, chè ognuno dei due ci aveva da meditare su quel tema. Là presso era una porta, che metteva, per un ampio giro di scale, ad una galleria superiore. E per di là Guido fece salire la signora, affinchè ella cansasse la fatica di una lunga rampa all’aperto.
Sull’ultimo pianerottolo di quella scala, si apriva lateralmente una di quelle gallerie chiamate, con nome latino, colombarii; lunga sequela di nicchie aperte nei fianchi delle pareti, nelle quali si mettono le casse, e che poi si chiudono con un accoltellato di mattoni, sul quale si dà l’intonaco, e si appiastra l’epigrafe col suo numero d’ordine. Questa dei colombarii è la forma più triste della morte.