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di bardi. Chiusa nella spelonca, ella amò il suo rapitore, perchè era forte, perchè combatteva le fiere e portava a lei le spoglie sanguinose; perchè le ornava il collo coi denti del mostro ucciso, o con le pagliuzze del rilucente metallo, raccolte nel letto dei fiumi. Essa lo temeva e lo desiderava ad un tempo; non lo rispettava, non lo amava ancora. Ed egli, poi, non riconosceva che il diritto della forza; quando si sentiva offeso, combatteva; quando la donna gli andava a versi, combatteva ancora. La vita era la guerra; la soddisfazione dell’istinto era il trionfo.

Più tardi, fu gran segno di civiltà la donna chiusa in uno scompartimento della tenda. La famiglia creò le consuetudini; le consuetudini assunsero forma ed autorità di legge. Allora la donna non si rubò più; si ebbe dai parenti, in pegno d’alleanza, o in mercede di prestati servigi, sempre come una cosa, e senza dolersi molto, o rompere il patto, se ella aveva gli occhi cisposi. Si pigliava la donna come moglie, o come serva, ma non la si amava ancora; ella per contro incominciava ad amare colui che la rendeva feconda. Per lei, talfiata, se bella, si facevano guerre; il nemico calava sulla tribù come un avvoltoio sulla preda; uccideva il padrone, e ne ereditava la donna, timida creatura, senza volontà per