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carcere; e Guido, abbandonato dalla donna gentile, sognò che essa gli era daccanto, e che ambedue adagiati in una nuvoletta rosea veleggiavano verso l’orizzonte lontano, in mezzo a soavi splendori di cielo, le mani nelle mani, gli occhi amorosamente fisi negli occhi, e mormorandosi a vicenda: ti amo!
Quando si svegliò, il sole era già alto e scottava la lavagna su cui egli s’era sdraiato. Intorno a lui stavano rispettosamente aspettando, e vigilandolo che non cadesse a terra, i servi e il buon giardiniere.
— Ma che diamine è saltato in capo a Vossignoria di dormire qui all’aria aperta, per buscarsi qualche malanno? O non sa che la rugiada è tanto veleno che si filtra tra carne e pelle a chi sta smemorato a pararla?
— Sì, sì, ma che volete? Ero stanco e mi sono addormentato qui, senza pure avvedermene. Che ora è?
— Sono le dieci suonate da un pezzo.
— Ah, gli è troppo tardi, ed ho ancora molte cose da fare! —
Gli era venuto in mente di chiedere al Giacomo se la signora Argellani fosse partita, e se gli avesse lasciato qualche cosa da dire a lui; ma si ritenne, parendogli poco conforme alla dignità del momento. Si vergognava anzi d’essersi lasciato cogliere in quel luogo, dando argomento a sospetti, e mostrando la sua debolezza alla gente.
Questo pensiero lo raffermò nel propo-