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— Grazie, mia buona Aurelia; — rispose l’Argellani stendendole la mano — a rivederci. —

Fatte ancora quattro parole col dottore per raccomandargli colei che essa amava più degli occhi suoi (frase che si adoperava fin dai tempi de’ Romani, e che ha perduto ogni efficacia, come tutte le frasi vecchie), la signora Perrotti, inamidata, impettita, se ne andò, gittando un bacio col sommo delle dita alla Luisa, e simulando di asciugarsi una lagrima.

La signora Argellani aveva resistito a quella conversazione con una virtù non minore per fermo di quella dei martiri cristiani, che si lasciavano tanagliare il petto senza mettere un lamento. Il non essere ella andata del tutto fuori dei sensi, potrebbe citarsi come una testimonianza dei trionfi che ottiene un semplice sforzo di volontà senza altro estrinseco aiuto. La virtù dell’animo l’avea tenuta col fronte alto, e le labbra sorridenti; la virtù dell’animo le aveva dettate quelle parole: «mia buona Aurelia» che certamente non avevano ottenuto licenza dal cuore. Ma appena la Perrotti fu andata via, ella ruppe in un grido: «è male! è male!» fe’ per alzarsi dal sofà, come se volesse sottrarsi al patimento che stava per vincerla, ma tosto ricadde contro la spalliera, priva di forze e di sensi.