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barlume di speranza, un punto di luce, pari a quel lumicino dei racconti della nonna, fievole ancora, che non lasciava indovinare se fosse di castello lontano, o di tugurio, o di carbonaia boschereccia, ma che pure facea rinascere da morte a vita l’eroe disgraziato della favola.
— Orbene, Giacomo — disse Laurenti — preparate le cose vostre; noi partiremo posdimani a sera per alla volta di Corfù.
— È lontano Corfù?
— Sì, di là dall’Italia, e ci andremo sull'Amerigo Vespucci. A Corfù troveremo un’altra vaporiera che ci porterà in Alessandria d’Egitto.
— E avanti sempre! — gridò il giardiniere. — Ma se lo dicevo io, che sono il terzo matto! chi non le fa in gioventù le fa in vecchiaia, e nessuno ne scampa. —
Il giorno seguente, Guido vedeva giungere il Giacomo con tutte le sue carabattole in una piccola valigia che depose in anticamera.
— Già fatto?
— Sì; io non ho come Vossignoria da provvedere a tante cose, Sono come la chiocciola che ci ha addosso ogni suo avere.
— Vi siete già congedato dalla vostra padrona?
— No, ci torno stassera, poichè ella non partirà fino a domattina.
— Così presto?
— Sì; la dice che egli è un negozio di molta urgenza, quello che la fa andare a Firenze.