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che non si ardisce distruggere così sui due piedi, epperò si ripongono sull’orlo del tavolino, per modo che abbiano ad essere gli ultimi sacrificati, quasi che nel tempo che gli altri si mutano in cenere, dovesse sopraggiungere tal cosa che li avesse a scampare dal fato comune.
Fornita quella mesta bisogna, che si portò via tutto il mattino, Laurenti uscì di casa per andare dal suo banchiere a metter sesto alle cose sue, la qual cosa non riuscì punto difficile, dacchè tutto l’avere di Guido era posto a frutto nei banchi, o nelle cartelle del debito pubblico. Rimaneva la casa col giardino, dov’egli abitava; ma per questo negozio il giovine stava appunto accarezzando un disegno che vedrete di poi.
Venne quindi la volta dei servi da congedare e da consolare nel tempo istesso, poichè erano gente buona e molto affezionata a quell’ottimo padrone ch’egli era. Guido li accomiatò da gran signore, lasciando a tutti larga memoria di sè.
In queste ed altre faccende giunse la sera. Tornandosene a casa, trovò il giardiniere della signora Argellani, che lo aspettava sull’uscio.
— Buon giorno, ed anzi buona sera a Vossignoria! — disse il Giacomo levandosi il cappello.
— Oh, Giacomo, — rispose Laurenti, facendo uno sforzo grandissimo per sorridergli — che buon vento vi mena quassù?
— Buono? Chi sa? Vossignoria ne fa di belle, in fede mia!