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non fiaccamente pietosa; superba, non orgogliosa, come colei che sapeva la sua forza e si sentiva di tutti a gran pezza migliore.

E nessuno la aveva intesa, quella pericolosa guerriera; nessuno aveva indovinato il segreto dell’anima sua generosa.

Cotesto doveva tornar fatale al Percy.

Il giovinotto aveva fatto male i suoi conti, come tutti coloro che lasciano far d’abbaco alla propria vanità. Meglio per lui se avesse dato ascolto alla vergogna, la quale gli diceva di non osare. Ma la vanità era a tortura; la gelosia di quella donna che era stata sua, rinasceva più gagliarda, quanto più gli altri tutti la dicevano bella e colle parole e con gli occhi. Gelosia e vanità lo persuasero a ridiventar tenero; dopo essere stato villano. Infine, per chi era il dolce richiamo di quei fiorellini simbolici che le adornavano tutta la persona, se non per lui, per l’antico ed unico amante? Se ella avesse incominciato un romanzetto amoroso col suo medico, siccome era stato bisbigliato da qualcheduno, perchè sarebbe venuta alla festa da ballo? E perchè, dato il caso di un capriccio che l’avesse fatta uscire dal suo eremo, perchè il medico, che pure dicevano essere un giovanotto, non c’era anche lui? No, no, il medico non c’entrava punto; quell’amore sbocciato di