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brate per eccellenza di forma poteva entrare a paragone con lei? Che occhi profondi! che profilo delicato! che collo voluttuosamente tornito! E giù una filatessa di pregi, in lingua pigliata a prestanza dal pittore e dallo scultore. I signori uomini sono assai materiali quando nei loro crocchi ragionano delle bellezze di una donna, e ci hanno del brutale nella loro ammirazione.

Ma brutale o no, l’effetto era grande. Perfino la rinomata bellezza della marchesa Bianca aveva impallidito dinanzi alla regale maestà di persona della nuova venuta, e dinanzi alla divina serenità di quel viso. Fu insomma un subisso, una battaglia campale, una vittoria per quella rinnovata bellezza che appariva d’improvviso, tremenda, irresistibile, giusta il biblico paragone, come oste schierata in campo.

«Non ti scordar di me» dicevano umilmente i suoi fiori; ma il trionfo oltrepassava que’ modesti desiderii. In quella che taluni si pentivano d’averla dimenticata, il suo regno era assicurato su salde basi nel cuore di tutti. Ella rientrava loricata, catafratta, in quella società dove il suo petto inerme aveva ricevuto un colpo terribile, e dond’era uscita semiviva; vi rientrava col cuore sano, libero e forte, educata dai suoi danni a conoscere uomini e donne, a non amare nè odiare; magnanima,