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Man mano che la si avvicinava, si scorgevano meglio i suoi lineamenti. Il viso era ovale perfetto; il fronte prominente era mezzo nascosto, ma non tanto che con si potesse indovinarne la forma purissima, da due liste di capegli neri e lucidi che scendevano ad accarezzare le tempie, e sparivano sotto i due capi di tulle bianco, orlati a ricami di seta nera, di una cuffia che portava in testa per custodirsi dalla prima impressione dell’aria. Grandi sopracciglia arcate pendevano, temprandone la vivezza, sulle nere pupille che balenavano dal centro di un globo bianco azzurrino, e venivano in fila sottili a congiungersi quasi sulla radice di un naso diritto, grecamente diritto, e grecamente reciso alle nari, dove una curva leggiadra scendeva a profilare il labbro più soave che mai fosse dato di scorgere. Le labbra dovevano essere state di corallo, ma il loro natio colore si era smarrito affatto, come il colorito della pelle, sul volto, nel collo e nelle manine affilate.

L’interna malattia traspariva da quella carne mirabilmente composta ad espressione di bellezza femminea, e tanto più traspariva, quanto più leggiadre erano le