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era buio, e propizio al gran misfatto. Giunse fino al muraglione, presso ad una bella pianta di camelie, che era una rarità della specie; sollevò il vaso tra le palme, lo sospese fuori del murello, e lo lasciò spietatamente cadere nella prateria sottostante.
Quindi si allontanò sollecito da quel luogo, ma non tanto, che non udisse il tonfo del vaso.
— Povera camelia! — esclamò, affrettando il passo: e fu quella l’orazione funebre dell’uccisore alla sua vittima.
Come aspettasse impaziente il mattino, potete argomentarlo, o lettori. All’alba era già in piedi. Scese in giardino, ma senza ardir nemmanco di guardare dov’era rimasto il vuoto nella fila dei vasi, e se ne andò ad inaffiare le sue aiuole più lunge, da dove nessuno, che fosse nella prateria, avesse potuto veder spuntare il sommo della sua testa. Un’ora passò; quindi un’altra mezz’ora, e già egli pensava che la sua camelia fosse perduta senza utilità, allorquando udì levarsi dai piedi dell’olmo una voce che gridava:
— Signore! signore!
Il cuore gli balzò in petto; ma e’ non si mosse. Intanto la voce ripigliava più forte: signore! ohè, signore?