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fa nei pressi di una certa abitazione. Si gira, si va, si viene, ma non si esce mai dai paraggi dell’Isola ignota; si bordeggia, si getta l’àncora in vista, come farebbe una fregata in crociera.

Un altro sintomo è quella curiosità di sapere un certo nome. Si adoperano, per soddisfarla, tutti i più sottili artifizi; si passeggia più volentieri coi ciceroni della cronaca cittadina; si stringe la mano con maggior piacere alle persone che hanno qualche attinenza colla Dea, ancora senza nome, e solo per farlo cascare, questo benedetto nome, a guisa di un diamante smarrito che si cerchi, tra i ritagli di una conversazione capricciosa.

E questi sintomi c’erano ambedue. Guido Laurenti, chi avesse voluto trovarlo, era in giardino, o per quella tal via che metteva alla palazzina, ma senza veder mai la bella innominata. Poi, di sera andava a teatro, in traccia di gente chiacchierina; ma senza cavarne un costrutto. E per vero, non avendo mai veduto la dama per via, nè in altro luogo di ritrovo, non sapeva da che parte incominciare, non poteva metter le mani su chi la conoscesse, o di persona, o di nome.