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era ricco d’ingegno e di nobiltà di carattere. Non pativa difetto di nulla per essere noverato e celebrato tra i primi; ma non gli andava a’ versi, e se ne stava da sè, vivendo alla cheta, con pochi amici e molti libri, che sono i migliori amici del mondo.

Quando io lo conobbi, egli dimorava in una di quelle gaie viottole, così frequenti a Genova, dove la montagna, disposta ad anfiteatro, manda verso il piano tante collinette digradanti. Le piccole valli sono diventate, o diventano, larghe e magnifiche strade: su per le colline laterali s’inerpicano le viottole, tra muri di giardini e di ville, e fianchi di palazzine gelose. Ora io non dirò in quale di tante viottole dimorasse Laurenti; indovinate, tra quelle di S. Gerolamo, dei Cappuccini, di S. Bartolomeo degli Armeni, e qualchedun’altra lì presso.

La casa era piccina; due piani, con sei camere per ciascheduno; dipinta da fuori di colore aranciato, che era una vaghezza a vederla; uno dei lati coperto, fino al cornicione del pian di sopra, da una spalliera di gaggia e di gelsomini; al pian terreno la sala, il salotto, il tinello, la cucina, la cameretta del servitore e quella di una vecchia fante, o cameriera che fosse; al