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nosce ogni promontorio, ogni golfo, e sto per dire ogni seno.

Quella sera, adunque, nel secondo intermezzo dello spettacolo, ero andato a piantarmi comodamente, e senza paura di gomitate, contro la parete circolare della platea, e là, fantasticando non so che cosa, volgevo sbadatamente le lenti del binoccolo su questo e su quello dei palchetti di seconda fila. Ma siccome non c’è viaggio che non abbia la sua stazione, anche il mio binoccolo fece sosta, e lunga sosta, al palchetto della marchesa Bianca di Roccanera, quella meravigliosa bruna, che parecchi de’ miei lettori rammentano di certo, dalla persona snella, dal portamento di ninfa, celebrata pel ricco volume dei neri capegli, attorcigliati con leggiadra negligenza là dove il conte Ugolino amava mettere i denti all’arcivescovo Ruggieri, e ricadenti sul collo in due larghe ciocche crespate, che le davano un’aria (ma intendiamoci bene, un’aria!) di malinconia incantevole.

La marchesa Bianca ci aveva un’altra aria eziandio, che non s’ha a dimenticare in un ritratto come questo. Sebbene ella avesse già varcato i venticinque, e i suoi