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— Come? Dalla scienza alla poesia?
— Sissignora, ma poesia latina.
— Che differenza ci vede ella, signor dottore?
— Grandissima. Qui c’è la fragranza arcana della lingua disusata; però si studia ogni frase, si colgono intime bellezze di espressione che nella lingua nostra non si avvertirebbero nemmanco.
— Ed ecco una consolazione che noi povere donne non possiamo avere, noi sbandeggiate dagli studi classici.
— Ah, Ella si ricorda della conversazione di stamane? Questo è buon segno, almeno per me!
Ciò detto, e per non prolungare un dialogo che la signora Argellani aveva cominciato per mero debito di cortesia, Laurenti si volse al giardiniere, che stava pochi passi discosto a sarchiellare un’aiuola.
— Orbene, Giacomo; la mia pianta...
— Oh, non se l’ha mangiata il lupo, signor Magnifico, ed è laggiù che l’aspetta. Se Vossignoria vuole portarsela con sè, venga e la leveremo da terra.
— Signora, — disse Laurenti, volgendosi alla donna gentile — potremo averla patrona in opera di tanto rilievo?