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vii

lermo, Genova, Venezia, Roma, Bologna e Torino (Ella vede che le pongo a mazzo) sono esse tutta l’Italia, e ognuna di esse, insieme coi caratteri comuni a tutte, porta i suoi caratteri particolari. Valentuomo colui che meglio saprà cogliere la fisionomia di uno tra questi centri della vita italiana, e meglio allogare le sue fantasie nelle strade e nelle usanze della città ch’egli conosce più addentro! Parlo, s’intende, del romanzo di costumi; che per lo storico, la bisogna corre diversa, essendo mestieri di studiare i luoghi colla storia tra mani, giusta le impressioni che balzano fuori dal raffronto.

Io dunque, genovese, serberò fede a Genova. Ma anco a danno della diffusione de’ miei libri? Sì, certamente, e perchè no? Alle corte, chi legge i nostri libri? chi li compera? Egli è già molto quando si rifà le spese della carta e dell’inchiostro; le penne e la fantasia ci si mettono per sovra mercato. Dov’è l’editore italiano? E a cui profferisce volonteroso i suoi tipi e il suo danaro1?

  1. Queste, ed altre cose che seguono, non sono più vere per me, siccome dimostra il fatto della presente edizione, che è la seconda del libro, e