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Un rivale s’indovina d’istinto, si conosce al fiuto, come da certi cani il tartufo. Che se il mio paragone vi paresse volgare, pensate che esso è tutto a danno del tartufo, ottimo fra i tùberi, e in molte guise mangiabile. Il tartufo ha soave fragranza, mentre che il rivale ha mal odore; quello si manda giù facilmente, affettato; questo, anche fatto a spicchi, e magari in minuzzoli, vi riesce sempre indigesto.

Che il nostro giovinotto si fosse apposto al vero, sospettando di Rainerio, gli fu dimostrato uno di quei giorni dal vecchio Dodone. Il quale, imbattendosi in lui, mentre saliva il colle di Croceferrea, lo trasse bel bello con sè, per fargli vedere una sua recente piantata di viti. Marbaudo lodò, come potete immaginarvi; in primo luogo perchè Dodone faceva le cose per benino e meritava la lode di tutti gl’intendenti; poi perchè Dodone era il padre di Getruda, e chi aveva fatto Getruda non poteva far cosa che non fosse bellissima.

— E voi altri, laggiù agli Arimanni, che fate? — gli disse Dodone. — È già un pezzo